La Trento Bondone, una macchina complessa
Non c’è dubbio. La 69ª edizione della «Trento Bondone» sarà ricordata a lungo. Il livello altissimo dei concorrenti in gara, il record di iscrizioni, la diretta streaming con cinque telecamere e poi quel finale deciso dal Giove Pluvio, sfuggito ad ogni copione, che ha lanciato sul podio per la decima volta Simone Faggioli, accanto a due sorprese assolute come Manuel Dondi e Giuseppe Ghezzi. Rimane un po’ di amaro in bocca per il fatto che alcuni piloti top, complice la strada bagnata o inconvenienti tecnici, non siano riusciti a conquistare le posizioni a cui avrebbero potuto ambire in condizioni normali, ma i 15.000 spettatori distribuiti lungo i 17 chilometri di percorso si sono certamente divertiti.
Il nubifragio che ha colpito Trento e la sua montagna poco prima della partenza dei big ha creato non poche difficoltà all’organizzazione, che si è trovata a dover sospendere la competizione per oltre un’ora, e ha dato il “la”, come si poteva prevedere a qualche discussione in merito ai tempi di svolgimento della «Trento Bondone», sulla quale è opportuno ritornare a qualche giorno dalla gara.
«Siamo perfettamente consapevoli del fatto che è finita tardi e che la pausa forzata ha creato dei disagi a tutti, – afferma a bocce ferme il direttore di gara Gianpaolo Rossi – ma non si poteva fare diversamente. Molti ci hanno chiesto come mai non abbiamo anticipato lo start, una volta appreso che vi erano alti rischi di incorrere in un temporale. La risposta è semplice: una competizione di questo tipo necessita di una macchina organizzativa molto complessa, che richiede precise autorizzazioni per la chiusura del percorso, nonché la mobilitazione programmata di pubblica sicurezza, assistenza sanitaria, servizi di recupero delle vetture, servizi antincendio, commissari di percorso, servizi radio e via dicendo. C’erano circa 800 persone impegnate sul percorso e nemmeno conoscendo le previsioni meteo a pochi giorni dallo start sarebbe stato possibile annullare o modificare le procedure burocratiche ed organizzative attivate, perché non vi sono i tempi per farlo».
Molti osservano che si potrebbe comunque, a prescindere dalle condizioni meteorologiche, anticipare l’orario di inizio della gara, allineandolo a quello delle altre competizioni europee. È una strada praticabile?
«Mi stupisco un po’ quando sento queste osservazioni, – afferma il presidente della Scuderia Fiorenzo Dalmeri – soprattutto quando ci pervengono da addetti ai lavori, perché sembra che non conoscano l’unicità e la complessità di una gara come la nostra. La Trento Bondone non può essere paragonata alle altre competizioni italiane ed europee, perché il suo percorso è lungo più di 17 chilometri. È questo che nel tempo l’ha trasformata in un mito, nell’università della salita, come la chiamava Mauro Nesti, ed è per questo, soprattutto, che i piloti non vogliono mancare. Allestire un percorso di questo tipo è molto complesso, così come, una volta chiusa la strada, è necessario dare il tempo al pubblico di sistemarsi lungo il tracciato. Il nostro obiettivo è anche quello di permettere ad un numero più cospicuo possibile di appassionati di seguirla dal vivo, ma gli accessi al tracciato sono pochi e non facili da raggiungere. Se vogliamo che, oltre ai suoi aspetti tecnici e sportivi, la gara diventi uno spettacolo anche per la cornice che offre, gli addetti ai lavori devono accettare i tempi che noi abbiamo definito come ideali. Credo, fra l’altro, che gli stessi piloti siano contenti di essere applauditi dal pubblico, questo giova a loro ed agli sponsor che li sostengono. Quindi non si possono esaltare le peculiarità di questo evento senza poi tenere conto di ciò che esse inevitabilmente comportano. Ovviamente tutto si può migliorare e noi lavoriamo un intero anno per cercare di rendere la macchina organizzativa sempre più efficiente, ma all’interno di vincoli precisi».